Categorie: Cronaca

Aeroporto Centocelle, 19 aprile 1909, cento anni fa il primo volo di Wright

Oggi 19 aprile 2009, sulla sua area, divenuta da settembre un ex parco, volano solo gli stracci e regna il degrado

1- Sullo sfondo della pista di volo costruzioni dell’Aeronautica Militare. A destra Wilbur Wright nel primo volo del 1909. 2- Roma 1909: i primi voli sul "Pratone di Centocelle" con il Flayer di Wilbur Wright (il primo da destra). Lavoro grafico a cura di Rosa Valle

Il 19 aprile, cento anni fa avveniva nell’aeroporto di Centocelle il primo decollo di un aereo in Italia: a bordo Wright e il tenente Calderara. Oggi sull’area dell’ex aeroporto regna lo squallore e volano solo gli stracci di due campi nomadi (Casilino 900, il più grande campo nomadi d’Europa e il rinato Casilino 700 che conta già oltre 150 persone).
Il parco è chiuso da settembre 2008 e si ignora la data di riapertura.
Sarebbe stato bello e segno di rinascita per i  quartieri dei Municipi VII, VIII, VI e X,  poter festeggiare il Centenario dell’Aeroporto di Centocelle, il primo in Italia, ma l’inadeguatezza dei nostri amministratori passati e presenti lo ha impedito. Cosa hanno da dire a loro discolpa? E soprattutto quali azioni intendono compiere e in quali tempi? E sono interessati a festeggiare questo evento, e come?

Si fa un gran parlare di memoria storica e di crescita di identità, ma le chiacchiere stanno a zero. v.l.

Pubblichiamo qui di seguito un articolo di CARLO MERCURI, apparso su Il Messaggero del 19 aprile 2009.

ROMA – Le cronache raccontano che, cento anni fa di questi giorni, i cittadini romani erano tutti con il naso all’insù. Sulle loro teste stava infatti per compiersi un prodigio: una macchina più pesante dell’aria si sarebbe librata in volo. L’area prescelta per l’esibizione era un pratone in località Centocelle, parecchio distante dal centro cittadino. A fare da sfondo c’erano i rilievi dei Castelli romani e le rovine degli acquedotti con le pecore al pascolo.
L’aeroporto di Centocelle. Il volo, in Italia, è nato qui. Imbarazzante spiegarlo ai giovani, oggi. Di quei primitivi pratoni, poi diventati aeroporto, non resta quasi più traccia. Case e palazzi nascondono oggi la pista sulla quale è stata scritta una delle pagine più importanti della nostra storia nazionale.
I fratelli Wright. I voli su Centocelle si susseguirono per undici giorni. Il pilota “collaudatore” era il più famoso che potesse esserci all’epoca, quel Wilbur Wright che, insieme al fratello Orville, sei anni prima effettuò in America il primo volo in assoluto. Wright dunque venne a Roma con un incarico preciso e assai ben remunerato, quello di dare lezioni di pilotaggio a due ufficiali italiani: il tenente di vascello Mario Calderara e il tenente del Genio Umberto Savoia. Il suo compenso fu di 25.000 lire e 25.000 lire costò l’aeroplano, il “Flyer”, che Wright portò in treno da Parigi, smontato e messo dentro ad alcune casse. Il “Club degli aviatori”, che finanziò l’operazione, sistemò Wright e il suo aereo in un capannone sul limitare del pratone. La contessina Mary Macchi di Cellere, proprietaria del fondo su cui ci sarebbe stata l’esibizione aerea, si incuriosì per quell’uomo che dormiva in terra, accanto a quella strana macchina volante, e lo invitò nella sua villa. Wilbur accettò e ricambiò la cortesia offrendo alla contessina la possibilità di fare un giro sul suo aereo: fu così che, per una bizzarrìa della storia, la nobildonna divenne anche la prima donna “volante” in Italia.
I voli. Il primo volo avvenne il 15 aprile 1909, l’ultimo il 26 aprile. L’aereo, il “Flyer”, riusciva a sollevarsi di venti-trenta metri e rimaneva in aria anche per dieci minuti. Wright atterrava e ripartiva, con un metodo di “lancio” simile a quello della catapulta. La prima volta che decollò sfruttando solo la spinta delle pale del motore fu il 19 aprile, esattamente cento anni fa a fare data da oggi. L’Aeronautica militare ha celebrato i cento anni del volo non molti giorni fa, alla presenza del Capo dello Stato. Su Centocelle sono passate allora le “Frecce tricolori” con i loro tonneaux da brividi. Quanta strada in cento anni, quanta distanza tecnologica tra la Pattuglia acrobatica nazionale e il pioniere Wilbur Wright. In soli cento anni.
I primi piloti. Sul campo d’aviazione di Centocelle, intanto, c’era la fila. Tutti volevano provare a volare con Wilbur Wright. In pochi giorni l’ebbrezza del primo volo fu concessa all’ex presidente del Consiglio Sidney Sonnino, all’ammiraglio Mirabello ministro della Marina, al duca di Gallese e al principe Doria. Ad assistere alle evoluzioni giunsero anche il Re e la Regina Margherita. Chi volava di più, però, erano i nostri due ufficiali: impararono ben presto addirittura a virare. Calderara e Savoia divennero così i primi due piloti dell’aviazione italiana. Il tenente di vascello Mario Calderara ottenne il primo brevetto in assoluto, dopo aver spopolato con le sue evoluzioni al “Gran Premio” di Brescia, nel mese di settembre. A osservare e raccontare quel “Gran premio” c’era allora un cronista d’eccezione: Franz Kafka.
Gli sviluppi. Soltanto un anno dopo le prime gesta aviatorie, sul pianoro di Centocelle sorsero 7 hangar per il rimessaggio degli aerei. Il tenente Calderara fondò qui la prima scuola di pilotaggio. La storia dell’aviazione era avviata, a iniziare da Centocelle: nel 1920 da qui partirono gli aerei Sva per il volo sperimentale Roma-Tokyo.
Lawrence d’Arabia. I più giovani forse non sanno che l’aeroporto di Centocelle attinge la leggenda anche per un altro versante. Nel 1919 passò di qui anche il mitico Lawrence d’Arabia. In volo da Londra al Cairo, il suo aereo fu costretto a un atterraggio d’emergenza sulla pista di Centocelle e si ribaltò. Due membri dell’equipaggio morirono, lui si salvò per un soffio.
Oggi. Di tanta storia, come abbiamo detto, non resta tuttavia memoria. Nella zona di Centocelle c’è un campo nomadi assai bene organizzato, un prototipo nel suo genere, ma nessun museo. L’Aeronautica il suo museo ce l’ha a Vigna di Valle, dalle parti di Bracciano, dove tra l’altro è esposta una copia perfetta del “Flyer” di Wright. A Centocelle, nel perimetro dell’aeroporto “Francesco Baracca” (continua a chiamarsi “aeroporto” anche se da tempo è cessata qualsiasi attività di volo) ci sono tuttavia due strutture militari di primaria importanza: il Comando operativo di Vertice Interforze (Coi) e la sede del Comando di Squadra aerea dell’Aeronautica militare. Diciamo allora che l’aeroporto di Centocelle non ha tradito la sua vocazione originaria. Che è millenaria. Nel senso che il nome Centocelle deriva dal latino Centum cellae, cento stanze, che poi erano gli alloggiamenti per i cavalli dei cento migliori cavalieri dell’Imperatore Costantino. Si vede che nonostante tutto un po’ di Dna nobile, a Centocelle, è rimasto.


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Commenti

  1. un cittadino esasperato  

    VERGOGNA!!!!!

  2. PIERINO  

    D E L U S I O N E D E L U S I O N E D E L U S I O N E D E L U S I O N E

  3. esmeralda senatore  

    tratto da testi di Maurizio Fedele Gli Equites Singulares, probabilmente creati da Traiano, erano una scorta a cavallo di 1.000 uomini, e non una propria guardia del corpo degli imperatori romani del II e III secolo d. C. (come riportano altre fonti). Come documentano le iscrizioni, seguivano l'imperatore in battaglia ed è molto probabile che la truppa a cavallo raffigurata nella scena XXXIX della colonna Traiana rappresenti gli Equites Singulares che accompagnano l'imperatore nella battaglia contro i Daci. Gli stessi cavalieri sono i protagonisti della scena LXXIV incisa sulla colonna di Marco Aurelio in occasione della parata imperiale. A Roma gli Equites Singulares coprivano un ruolo fondamentale: garantire la sicurezza dell'imperatore. Occupavano le caserme (castra priora e castra nova) sul Celio e il Laterano e la necropoli nell'area del praedium imperiale Ad Duas Lauros lungo la via Labicana. I soldati venivano scelti dalle unità di cavalleria dislocate al confine estremo dell'impero e precisamente dalle regioni sul Reno e sul Danubio. Dovevano aver maturato un'esperienza di cinque anni negli altri reparti dell'esercito, e il loro servizio durava complessivamente 25 anni. Con il reclutamento essi ottenevano la cittadinanza romana e con essa, come era consuetudine, il nome dell'imperatore regnante. La selezione dai reparti regolari e la concessione della cittadinanza mostrano la volontà dell'imperatore di avvalersi di una truppa di èlite il più efficace possibile. Gli Equites formavano una unità (numerus) che fino ai tempi di Settimio Severo era strutturata come un'ala miliaria e da Severo in poi come due alae quingenatiae ognuna con un proprio tribuno ed una propria caserma. L'unità era divisa in Turmae di cento uomini ognuno con i propri graduati: un decurio, un duplicatvus, un sesqu plicatius, un signifer, un armorum custos ed un curato. Venivano generalmente addestrati come specialisti nel mestiere delle armi e spesso trasferiti come decurioni in altri reparti in modo che l'unità selezionata poteva seguire un vero e proprio "corso specializzato" all'interno della cavalleria romana. I tributi degli Equites erano persone di fiducia dell'imperatore e spesso raggiungevano la posizione di prefetto e pretorio, il secondo grado per importanza in tutto l'impero Gli Equites Singurales veneravano gli dei dello stato e dell'esercito romano e quelli dei loro paesi di origine sul Reno e sul Danubio nonché gli dei particolari della truppa: Campestres (per le armi) ed Epona (per i cavalli). Sui loro cippi funerari troviamo molto spesso raffigurate fra due maschere acroteriali, il banchetto funebre ed il soldato su un cavallo decorato con gualdrappa guidato mediante lunghe briglie da un uomo a piedi vestito di corta tunica, immagini che mostrano visioni dell'aldilà proprie dei Traci che ebbero grande influenza sugli Equites e sui cavalieri di altri paesi. Numerosi sono stati i ritrovamenti di iscrizioni riguardanti gli Equites nella regione Ad Duas Lauros, ma le pietre tombali sparse lungo una vasta area ai margini dell'antica via Labicana non hanno consentito una precisa ubicazione del sepolcreto. Moltissime iscrizioni tombali sono state ritrovate durante gli scavi della basilica costantiniana (effettuati dagli archeologi EW Deichmann e A. Tschira nel 1956) nelle fondamenta della stessa, altre invece sono andate distrutte con la costruzione degli edifici scolastici delle Suore della Sacra Famiglia e della chiesa parrocchiale.Tutto questo conferma che il cimitero degli Equites era situato nelle immediate vicinanze del mausoleo di Elena. Non è infondata la tesi secondo cui la necropoli si trovasse proprio nella zona sulla quale sorse il complesso costantiniano, il che avvalora l'ipotesi del desiderio di vendetta di Costantino nei confronti degli Equites. Le prime pietre tombali, recano indicazioni della gente degli Ulpi risalenti all'inizio del II secolo, l'ultimo nome gentilizio conosciuto è quello di Massimo. Molteplici frammenti di lapidi funerarie, recano dediche a Massenzio e Diocleziano, ma non rendono noto i nomi dedicatori, e non permettono di accertare se tali iscrizioni venissero poste da militari degli Equites o da altri. Alcune pietre tombali, prima fra tutte quella di un certo Flavius Mocianus non possono essere state realizzate prima del CXI secolo. Dalla metà del III secolo non troviamo più riferimenti certi riguardo gli Equites Singulares, forse soltanto per la rarefazione delle iscrizioni sicuramente attribuibili ad essi o per la scomparsa della Truppa a causa della riforma dell'esercito. Tale scomparsa andrebbe posta in relazione con il cessato uso dei Castra del Laterano intorno al 313 - 315 e con la costruzione della basilica costantiniana del S. Salvatore al di sopra della schola equitum singularium. Lo scioglimento della truppa e la distruzione del sepolcreto, può essere considerata la conseguenza di una domnatio memoriae decisa da Costantino nei confronti dei "cavalieri" che nella decisiva battaglia di Saxa Rubra sul ponte Milvio per la conquista dell'impero, si schierarono contro di lui a fianco della guardia pretoriana in favore di Massenzio.

  4. fe  

    Veramente una tristezza! Spero davvero che un giorno avvenga un miracolo, ma forse è solo un'illusione. Anche Alemanno ci ha deluso.

  5. Un cittadino amareggiato  

    Un patrimonio storico, culturale e archeologico buttato alle ortiche! Un'occasione di rinascita sociale ed economica per i quartieri di periferia buttata al vento! VERGOGNA agli amministratori INCAPACI che hanno permesso e stanno permettendo tutto ciò.

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