Saxa Rubra-Togliatti-Laurentina. Un desiderio chiamato tram

L'attualità di un progetto, ignorato per 10 anni dalle  amministrazioni di centrosinistra e centrodestra, che riqualificherebbe le periferie interne al GRA dando un ancoraggio alla trasformazione policentrica della città verso est

Il 6 febbraio di dieci anni fa l’allora Consiglio comunale di Roma approvò all’unanimità una delibera d’iniziativa popolare, la 37/2006, che stabiliva di dare avvio a un progetto partecipato per la creazione di una grande infrastruttura di moderna mobilità ecologica da Saxa Rubra a Laurentina, chiamata Tram per comodità comunicativa. La delibera era stata promossa da una fitta rete di comitati di cittadini che, nel 2005, in 90 giorni di mobilitazione, erano riusciti a raccogliere quasi undicimila firme certificate per portare in discussione il progetto nell’aula di Giulio Cesare.

La delibera d’iniziativa popolare n. 37/2006

Fra le delibere d’iniziativa popolare fu l’unica che riuscì ad entrare nel Consiglio capitolino ed uscirne viva, approvata, vista l’oggettiva bontà della proposta, all’unanimità dal centrosinistra, allora governante con la giunta Veltroni, e dall’opposizione di centrodestra.

Nello stesso tempo, però, l’amministrazione Veltroni realizzò, sul tratto di viale Togliatti, l’impropriamente detto corridoio di mobilità. Impropriamente detto, perché fu fatto istituendo delle corsie preferenziali esterne al grande square, largo più di 25 metri, del viale. Solo il primo tratto, quello appartenente all’ex X municipio, fu costruito al centro per mancanza, fortunatamente, di alternative. Al centro dello square, in alcuni tratti attraversanti popolosi quartieri come Centocelle, Quarticciolo, Colli Aniene, furono invece realizzati i parcheggi per automobili, tanto per significare, malgrado i tanti stentorei proclami dicessero il contrario, che la cura dell’auto veniva prima “cura del ferro”.

I cittadini che si erano battuti per ben altro, battezzarono subito l’opera come il “corridoio Tafazzi”.  Perché invece di agevolare e risolvere i problemi della mobilità lungo quell’arteria di 7 km li avrebbe resi più gravi e persino più pericolosi. Per abbellire l’opera e renderla più digeribile alla cittadinanza fu realizzata, questa volta sullo square, una pista ciclabile non priva di vari problemi; e per questo scarsamente frequentata dai ciclisti.

Poi della delibera non se ne ebbe più notizia. Giacque, riposando in pace, in qualche cassetto della giunta Alemanno, a parte qualche propagandistico accenno fatto al “Tram su viale Togliatti” dal sindaco medesimo i cui tecnici prospettarono, fra le tante scemenze, addirittura un sovrappasso teleferico dell’Acquedotto Alessandrino.

L’inesorabile scorrere del tempo e degli anni fu punteggiato solo dal Comitato promotore della delibera che ne ha ripetutamente sollecitato l’attuazione con lettere, richieste di incontro, documenti, indirizzate personalmente ai diversi sindaci ed assessori competenti. Tutte regolarmente protocollate e tutte rimaste senza alcuna risposta, né da destra e né da sinistra. Le tre giunte succedutesi (Veltroni, Alemanno, Marino) hanno calpestato e svuotato concretamente non solo il diritto alla partecipazione che era l’anima della delibera 37/06, ma anche il ruolo di dare indicazioni per il governo della città da parte del Consiglio comunale, che ha votato, inascoltato, ben 2 mozioni all’unanimità per rinnovare la richiesta di attuazione di quell’atto.

La questione della grande infrastruttura di mobilità tornò brevemente alla ribalta un paio di anni fa, sindaco a tempo determinato Marino, quando l’assessore Caudo diede il suo patrocinio a un progetto dell’archistar Renzo Piano appena nominato senatore a vita e, per questo, voglioso di dare una mano gratuitamente a un qualche progetto che ridesse un po’ di qualità alle periferie romane. Piano aveva pensato, con un gruppo di giovani architetti, di utilizzare il cosiddetto “viadotto dei presidenti” all’altezza del quartiere Talenti, dopo Ponte Mammolo, predisposto a suo tempo per l’infrastruttura tramviaria, per trasformarlo in una hig line verde. Una sorta di percorso pensile ciclopedonale sul tipo di quello realizzato positivamente a Monte Mario sul vecchio sedime del tratto dismesso della ferrovia Roma-Cesano-Viterbo. Senza ricordare ciò che sul viadotto si era già stabilito per volontà esplicita dei cittadini. E senza che lo ricordassero i cronisti che batterono le mani e la grancassa sui loro giornali, da “la Repubblica” a “La Stampa”, al progetto dell’archistar.

La reazione del comitato promotore della delibera 37/06 spinse Annamaria Cesaretti, Presidente della commissione mobilità capitolina, a portare a ottobre del 2014 nel consiglio comunale, diventato più pomposamente Assemblea di Roma Capitale, una mozione, anche questa approvata all’unanimità, che impegnava il sindaco “a dare immediata attuazione alla deliberazione del Consiglio Comunale n. 37 del 6.02.2006” e “ a mettere in atto tutte le procedure per reperire i fondi necessari formalizzando, inoltre, la presentazione del progetto alla ‘European Commission’ nell’ambito del Progetto ‘Horizon 2020’ “.

Ovviamente, visti i tempi che correvano verso “Mafia capitale”, non ci fu alcun seguito. Anche perché Marino, che nel suo programma elettorale aveva messo il tram su viale Togliatti fra le tre priorità di questo tipo da realizzare a Roma, nel frattempo aveva moltiplicato, insieme all’assessore Improta, i tram da fare a Roma. Arrivarono a partorirne, con la mente s’intende, ben sette, ma non ne misero mano a nessuno.

Questi i fatti principali intercorsi nel decennio.

Un tempo uguale a quello della leggendaria guerra di Troia, senza il pathos di quell’evento. Perché sulla Saxa Rubra-Togliatti-Laurentina non c’è stato alcun scontro epico nel fuoco di una progettazione partecipata. Più che il clangore del ferro delle armi impugnate dagli eroi dal volto ceruleo sotto il cimiero crinito e sventolante, ha fatto premio il muro di gomma delle amministrazioni rimandante molte facce toste coperte di bronzo di politici dediti ai consueti annunci di spot pubblicitari.

tramvia-saxa-laurentina

Il caso ha voluto che il decennale della dimenticata delibera 37/06 cadesse all’inizio di una nuova campagna elettorale, dentro una città stremata da “Mafia capitale” e da una classe politico-amministrativa impresentabile. Come se niente fosse è ricominciato il defilé dei candidati che, indovinate un po’, da dove cominciano i loro giri turistici elettorali? Ma, diamine, dalle periferie! Come da 20 anni a questa parte. E più le girano e più le periferie arretrano in servizi e qualità della vita dei residenti. E per fare cosa? Perbacco, ma per ascoltare i cittadini! Più che candidati sembrano pellegrini del Giubileo che chiedono ai passanti dove siano le chiese monumentali dell’Urbe. Le cose che servono a questa città le dovrebbero già sapere, ma non le sanno, non le conoscono, non le immaginano.

Cosa significa realizzare un’infrastruttura come la Saxa Rubra-Togliatti-Laurentina

Se hanno voglia di imparare, potrebbero sapere che cosa significa realizzare un’infrastruttura come la Saxa Rubra-Togliatti-Laurentina. Significa fare una linea di trasporto ecologica che da nord a est a sud intersecherebbe, mettendole in rete, penetrazioni ferroviarie, tram e metro: Ferrovia Roma Nord, Fl1, Metro B1, Metro B, Fl2, Tram sulla Prenestina, Metro C, Tramvia Termini–Pantano, Metro A, Fl4-6-7-8 Metro B.

Insieme al ferro connetterebbe in rete anche la cintura dei Parchi: la Riserva naturale della Marcigliana, il Parco delle Sabine, il Parco Talenti, il Parco Petroselli, il Parco Urbano di Aguzzano, la  Riserva  naturale della Valle dell’Aniene, il Parco Giovanni Palatucci (Tor Tre Teste), il  Parco di Centocelle, il Parco degli Acquedotti e quello che lo comprende dell’Appia antica, tutti ricchi anche di presenze archeologiche e storiche di grande valore. L’infrastruttura di mobilità attraverserebbe tangenzialmente quartieri popolosi, aree archeologiche e paesaggistiche. Potrebbe essere affiancata completamente da una pista ciclabile protetta. Unendo mobilità dolce e “cura del ferro.” In alcuni tratti, come su viale Togliatti, potrebbe innervare un grande boulevard urbano per poi diventare nel Parco degli Acquedotti e dell’Appia antica il trasporto ecologico su cui attraversare la “Grande bellezza”.

Se si parla di riqualificazione delle Periferie, la Saxa Rubra-Togliatti-Laurentina ne sarebbe lo strumento principe e, insieme, l’architrave su cui poggiare la trasformazione policentrica della città nelle grandi centralità urbane metropolitane pubbliche costituenti il polo di Roma est: Pietralata, Ponte Mammolo, Tor Vergata. Già la realizzazione del primo tratto su viale Togliatti, dove si addensa la maggior parte delle linee radiali su ferro (Fl2, metro B, C, A, tram di via Casilina e di via Prenestina) darebbe il segno consistente di una grande riqualificazione delle periferie interne al GRA.

C’è poi da considerare che le tecnologie oggi consentono di realizzare in superficie, come in altre capitali europee, infrastrutture trasportistiche altamente efficienti in grado di essere competitive con qualsiasi mezzo privato e a costi molto contenuti rispetto a quelli faraonici delle metropolitane.

Infine, ultimo ma non per ultimo, una progettazione partecipata, se fatta bene, seguendo le metodologie sperimentate negli altri paesi, può costare qualche migliaio di euro: una bazzecola nel bilancio capitolino. In cambio si avrebbe un’opera condivisa e radicata nella coscienza della popolazione. La delibera chiedeva quest’atto necessario e propedeutico alla progettazione attuativa vera e propria e alla realizzazione dell’opera. Perciò, in tutti questi lunghi anni, non si è trattato di mancanza di soldi, ma solo di  volontà politica da parte sia del centrosinistra che del centrodestra, risultati affetti dalla stessa allergia alla partecipazione civica e popolare.

I promotori della 37/2006, benché sia passato un decennio, non sono disposti a mollare. Cercheranno in occasione della ricorrenza di riproporre a tutta la città, alle forze politiche che si apprestano a sfidarsi per governarla, ai cittadini che reclamano un trasporto decente e non da terzo mondo per la Capitale d’Italia, la realizzazione di questa grande opera infrastrutturale di mobilità ecologica. Non si tratterà di commemorare un defunto, ma di rilanciare un progetto ben vivo e necessario. Sperando che non ci vogliano altri dieci anni per cominciare a metterci mano. Perché dopo la non conclusa guerra di Troia non sarebbe il caso di avere pure l’Odissea.


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5 commenti su “Saxa Rubra-Togliatti-Laurentina. Un desiderio chiamato tram

  1. La “memoria” di Aldo Pirone ha ben rappresentato una linea tranviaria leggera (linea metro “D”: Saxa Rubra-Laurentina) di trasporto ecologica che da nord a est a sud intersecherebbe, mettendole in rete, penetrazioni ferroviarie, tram e metro; che, insieme al ferro, connetterebbe in rete anche la cintura dei Parchi; e che, la sua realizzazione, apporterebbe tanti altri benefici alla moribonda mobilità “modello Roma”.
    “Ha sorvolato quella che oggi ….”. Quella linea metro D leggera, già prima di porre la prima pietra, aveva il soprannome di “Lo stradone” perché tagliava con l’accetta, tutti gli interventi di edilizia convenzionata con finanziamento pubblico (o privo di finanziamento pubblico) da costruire sulle aree comprese nei numerosi ed ininterrotti Piani di Zona: da Fidene, Val Melaina. Vigne Nuove, Casale Nei, Casal de’ Pazzi, Rebibbia, …….. a Laurentina 38, attraversando tutta l’area dello SDO. A questo punto, quella che oggi noi chiamiamo memoria per Gramsci è storia; era l’amore per la Storia. Storia che il sen. a vita R. Piano, col suo G124 – proprio perché sostiene di “rammendare” – dovrebbe conoscere. Il sen. Piano dovrebbe dirci come si “rammenda” una delle più grosse “gomene” (ferrose) esistenti. Occupare lo spazio della tranvia Saxa Rubra -Laurentina: ma per favore! Sostenere che è il degrado più evidente di Roma, del Lazio, dell’Italia Centrale: ma per favore!
    La Storia (lacerante cronaca vissuta per chi scrive) ci dice che in questa Roma, nel 1962, c’era tanta gente che lavorava sia al nuovo PRG (1962-1965), sia alla nuova legge 167 del 18.4.1962 (quella che doveva far scomparire i baraccati, problema sostenuto da Saragat anche n.q. di Presidente della Repubblica; scomparire tutti i baraccati, anche quelli dell’ “Acquedotto Felice“, della scuola 725, di “Non tacere”, del nostro Roberto, Don Roberto Sardelli del 1968). La storia del primo Piano PEEP inizia proprio nel 1968-1971 (e sviluppa la fase centrale dal 1971 al 1976). Le aree per i Piani di Zona (PZ particolareggiati) furono scelte tra quelle destinate ad Edilizia residenziale proprio da quel PRG del 1962-65. La numerazione dei PZ1 parte da Fidene e gira in senso orario attorno alla metro D leggera – mastodontica gomena ferrata – che parte da Fidene, attraversa lo SDO, supera Selinunte e va verso il PZ38 – Laurentina. Sono degli anni ottanta le costruzioni di quei PZ (Fidene, 7, Casale Nei, Val Melaina, altri). Subito dopo i campionati del mondo di calcio (1990) arriva la L.396, Roma Capitale, che rilancia il ferro nel TPL per l’Anno Santo del 2000 : cod. d4 con 113 miliardi di lire al TPL ferro (su 209 miliardi di lire dell’intero cod. d). Nella fase pre-elettorale del 1993 ci dissero (G. Ruffolo, F. Carraro, E. Angelè e C. Bernardo) che la Linea “D” Castel Giubileo-Selinunte sarebbe stata di 15 km. con 21 stazioni. Ma, nel 1993arrivarono i nostri e, tra i tanti “tiraemolla”, nell’estate del 2005, costrinsero gli abitanti attorno a quella gomena ferrosa di presentare la proposta popolare per riprendere (e completare, ma anche discutere sul tema) la tranvia Saxa Rubra – Lauremtina. A febbraio 2006 , il Consiglio Comunale discusse ed approvò alla unanimità la proposta popolare. Ad agosto di quel 2006 Roma venne dichiarata l’emergenza da traffico (privato, DPCM 4.8.2006). Si era ripresentato alle elezioni il sindaco uscente, quello che aveva promesso (nel 2001)che il suo obiettivo “è che da oggi a 10 anni, almeno il 50 % delle famiglie romane risieda a non più di 5 metri da una fermata rete sul ferro”. Chi poteva rifiutargli il voto? Dopo due anni
    ci obbligò a rivotare e vennero gli altri ed anche il G124 scopri il degrado da “rammentare” e furono trovati 800mila euro …..nel territorio dove i palazzinari proprietari di oltre 1milione di mc di cemento brindavano per l’ottenuta variazione d’uso.
    vito de russis

  2. Caro Pirone,noi come Comitato Cittadini Quarticciolo e Dintorni ponemmo questo problema sia alla giunta regionale Polverini ,che a quella di Zingaretti ed agli assessori del Comune di Roma.
    Inoltre con i ns architetti del ns Comitato abbiamo elaborato un progetto tramviario e quantificato i costi per la realizzazione di collegamento tramviario tra Ponte Mammolo(metro B) e Subaugusta(metro A).
    Se tu vuoi mettiamoci in contatto ed organizziamo un convegno a sostegno di quanto sopra.
    Il presidente Umberto De Felice 3280499042

  3. IDEA FORMIDABILE E DA FARE . MA ANCHE IMMEDIATA APERTURA DEI CANTIERI DELLA LINEA D MONTE SACRO ALTO FINO A TOR CARBONE, E D1 DALLA FERMATA V.BONELLIFINO A NUOVO CORVIALE O BRAVETTA, PASSANDO PER VIA DELLA C. MATTEI, LA VECCHIA STRADA DELLA PARTE VECCHIA DI CORVIALE VECCHIO. INOLTRE L’IMMEDIATA APERTURA DELLA LINEA C1 TEANO-P.MAMMOLO, B1 FINO A PORTA DI ROMA E POI QUARTIERE TOR SAN GIOVANNI-CINQUINA. ROMA DEVE VOTARE SOLO CHI FA METRO, SE MANCA QUESTO DEDUCETE VOI COSA DOBBIAMO FARE…!!!!

  4. FINO A SUBAUGUSTA’ A CHE SERVE ? SOLO COLLEGARE QUARTIERI E EX BORGATE, PAROLA QUEST’ULTIMA DA CANCELLARE COME NOME A MOLTI QUARTIERI NUOVI, IL TRAM E’ SBAGLIATO, MA SI DEVE DIRE INVECE UNA METROTRAMVIA, OSSIA METRO LEGGERA , BASTA LA MENTALITA’ DEL VECCHIO TRAM 14, CHE VANNO BENE SOLO AL CENTRO, ROMA SI E’ ALLARGATA. LA METROTRAMVIA DEVE COLLEGARE LAURENTINA ALMENO A PONTE MAMMOLO PROVVISORIAMENTE E NON SOLO UNA EX CIRCONVALLAZIONE CHE ERA IL LIMITE DELLA CITTA’ NEL 1935.

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