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Liquidazione Cattaneo. Un Fenomeno da baraccone

Tutto compreso, dunque, Flavio Cattaneo ha guadagnato in 15 mesi da Tim 30,2 milioni di euro. Pari a 641 mila euro al giorno festivi compresi e 27 mila euro l’ora. A determinare questa cifra è il mercato. Non il mercato in generale ma quello finanziario legato all’incremento del valore dei titoli. Il che conferma quanto la finanza sia lontana dall’economia reale e quanto sia lontana dalla giustizia sociale. Se qualsiasi lavoratore dipendente di un’azienda dovesse essere retribuito in base al valore aggiunto che egli apporta al prodotto aziendale le cifre percepite dai manager sarebbero, come erano prima della finanziarizzazione dell’economia, più rapportate ai valori economici reali e, direi, umani.
Che caspita avrà mai fatto Cattaneo di così produttivo per guadagnare in un ora 27 mila euro? Manco il mitico re Mida riusciva in queste performance dell’arricchimento.
E il caso Cattaneo non è l’unico e neanche il peggiore. Ci sono stati casi di liquidazioni milionarie di manager che lasciavano le loro aziende non in salute, come sembra oggi la Tim, ma al disastro che poi di solito pagavano e pagano i lavoratori e, se sono banche, anche i contribuenti.
Quando si sente dire in giro, propinato dal pensiero unico e fatto propria anche dalla sinistra all’acqua di rose, che è il mercato a determinare queste grandezze, bisogna tenere a mente questi fenomeni retributivi da baraccone per rendersi conto che si sta parlando di un feticcio. Una volta, qualche decennio fa, andava di moda, a proposito del salario dei lavoratori dipendenti, recriminare sulla jungla retributiva, volendo dire delle sperequazioni fra stipendi e salari di operai e impiegati di diverse categorie e aziende. Cosucce rispetto ai guadagni di Cattaneo e compagni. Il mercato puro non esiste e i suoi valori non sono determinati solo dalla domanda e dall’offerta ma anche dalle forze economiche e dalle classi che lo condizionano e lo dominano. Quando una classe, come quella legata alla finanza e alla produzione di denaro attraverso il denaro come al casinò, impone i suoi valori economici basati sulla finanziarizzazione dell’economia non più legata alla produzione di merci, al mercato si sostituisce la jungla in cui vince il più forte. E la società si scinde sempre più in due poli: da una parte i pochi che si arricchiscono sempre più e, dall’altra, i moltissimi che s’impoveriscono. Poi le bolle finanziarie esplodono e si abbattono sull’economia reale dando luogo a crisi lunghe e penose che pagano i poveracci e le stesse aziende, non certo chi le ha causate che, invece, continua come se niente fosse.
Ecco un tema che dovrebbe appassionare e distinguere la sinistra dalla destra e dal centrismo variamente articolato. Magari tirando fuori qualche proposte di riforma se egli riesce.

Lo dicono a “la Repubblica” di mercoledì scorso anche coloro, come Salvatore Bragantini, ex commissario Consob, che sono nel ramo.
“Certe retribuzioni sono esagerate, si tratta di accordi presi non nell’interesse dell’azienda ma degli azionisti. E neanche di tutti. Come negli Usa, bisogna cominciare a pensare a mettere dei limiti”. Cioè: “La remunerazione dovrebbe essere in rapporto alla prestazione. In molti casi, invece, anche se non in quello in discussione, ci troviamo di fronte a compensi legati all’andamento dei titoli in Borsa. Ma questo non può essere l’unico elemento di valutazione: i corsi azionari possono dipendere da molti fattori, per esempio, da un ciclo favorevole dei mercati. Il successo di un’azienda dipende da tutti coloro che ci lavorano, non da una sola persona. Siamo arrivati a considerare i manager come star, che cambiano tutto da soli. Ecco perché certi compensi sono davvero esagerati”. E tale andazzo, dice Bragantini, non fa bene neanche alle imprese: ”Non è possibile pensare che il futuro di un’azienda dipenda solo dai piani di remunerazione e quindi sia legato al valore delle azioni. E finisce che le decisioni sono prese in funzione solo di quello. È una distorsione gravissima: non è pensabile che la forbice delle remunerazioni si allarghi ancora, si romperebbe il patto sociale”. Come rimediare: “Le retribuzioni esagerate legate all’andamento del titolo distorcono la vita dell’azienda e hanno ricadute sociali che non si verificano nel caso di altri super stipendi come quello dei calciatori. Inoltre, aziende di una certa dimensione dovrebbe avere una vita autonoma. Il cda dovrebbe decidere nell’interesse dell’impresa, come un tutore che decide nell’interesse di un minore, e non degli azionisti. I quali possono decidere di cambiare il cda se non sono soddisfatti, ma non dovrebbero interferire nelle decisioni del ‘tutore’. Regole di governance che non mi pare siano molto popolari”.
Purtroppo.


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