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L’emergenza rom: “macchia nera” dell’Italia

Francia, Germania e Spagna sembrano essere più avanti nella ricerca di una soluzione efficace

La vicenda dei quattro bambini Rom morti nella periferia di Livorno, nella notte di venerdi, 10 agosto è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Da mesi si discute del problema nomadi in Italia, ma questa volta la questione è diventata un caso politico a livello europeo.

E stato l’intervento del presidente del Consiglio, Romano Prodi, in seguito alla tragedia di Livorno ad innescare una reazione a catena. “Quello dei Rom – ha affermato il premier – è un problema politico. L’Europa ha risolto molti problemi interetnici, ma non quello dei rom.”

La Commissione Europea, nelle vesti di Katharina Von Schnurbein, portavoce del Commissario agli Affari sociali e alle Pari Opportunità ha risposto per le rime: "Dal 2000 esiste una legislazione sul tema, la direttiva contro la discriminazione basata sulla razza e le origini etniche. Attualmente stiamo valutando l’effettiva trasposizione della direttiva (nella legislazione dei singoli stati) e lo scorso giugno abbiamo inviato una notifica formale (equivalente al primo passo di un procedimento di infrazione, ndr) a 14 stati membri, inclusa l’Italia".

Pronta la replica del Ministero dell’Interno, il quale precisa che la direttiva in questione è già stata applicata nel 2003, con il decreto legislativo nr. 215, ritenuto non soddisfacente su tre aspetti, che però “non riguardano la specifica questione dei rom”.

Due punti di vista contrapposti, quindi, quella dell’Italia e della C.E., sulla gestione italiana della questione rom. Vedute diverse, che non tolgono però il fatto che l’Italia si sta effettivamente trascinando addosso, oramai da anni, un problema che oggi viene comunemente – e non a a caso- definito “emergenza rom”.

In Italia sono 160 mila, di cui 70 mila con cittadinanza italiana e 90 mila provenienti dai Balcani; un popolo con una alta percentule di minori ( ben 60% ) che vive in condizioni igienico- sanitarie pessime: spesso nei campi rom autorizzati e controllati dal comuni( all’incirca un centinaio in tutto il paese); più spesso ancora nei campi abusivi dove “spuntano” roulotte, tende, strutture di legno e metallo senza alcun tipo di sicurezza e dove accade, non poche volte, che bimbi piccoli perdano la vita a causa di una stufa o di una bombola di gas. Eppure il Viminale dichiara di aver applicato la direttiva della Commissione Europea, la direttiva 2000/43/CE del 29 giugno 2000 che attua il principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica. Perché le buone intenzioni non hanno avuto altrettanto buoni risultati? Forse perché la direttiva in questione non indica un modello esecutivo unico per fronteggiare la questione rom. Questo è quanto risulta dalla dichiarazione di Maria Ochoa-Llido, responsabile del Dipartimento rom e migranti del Consiglio d’Europa, secondo la quale ”purtroppo non esiste un modello unico per affrontare la questione. La situazione varia da paese a paese e ogni governo affronta la questione con un proprio approccio politico”.

E pare che le soluzioni adottate dagli altri paesi della CE non abbiano prodotto i risultati sperati, ma almeno su qualche punto risultino soddisfacenti: prendiamo il caso della Spagna, con una delle comunità gitane più popolose( qusi 800mila persone): qui i campi nomadi non esistono quasi più, la maggior parte dei rom vivono in affitto nei condomini popolari o in case di proprietà, chi non riesce a trovare un impiego riceve un sussidio di quasi 700 euro al mese per sei mesi. Resta comunque alto il tasso di criminalità, ma non si può certo parlare di emergenza rom.

Anche la Francia pare sia riucita a affrontare la questione con la legge Besson del 2000 e quella voluta nel febbraio 2003 dal attuale presidente, Nicolas Sarkozy. La legge Besson prevede che ogni comune con più di cinquemila abitanti sia dotata di un’ area di accoglienza, la legge sulla sicurezza interna voluta da Nicolas Sarkozy contempla sanzioni pesanti per chi non rispetta le regole dei campi.

Spesso però molti gitani vivono in case popolari, lavorano e se sono disoccupati per sei mesi, ricevono un sussidio; i diritti sono però accompagnati dai doveri: l’accattonaggio e l’elemosina sono vietati e per i genitori che non mandano i figli a scuola il diritto alla casa, agli assegni familiari, e al sussidio in caso di disoccupazione si trasforma in una bolla di sapone.

I 130mila rom che vivono invece in Germania sono considerati per legge “minoranza nazionale”, il che implica il fatto che i rom dispongono di molti più diritti, rispetto ai “nomadi” italiani- in Italia la minoranza rom non è considerata minoranza nazionale- ma anche di altrettanti doveri Secondo i Rapporti del Consiglio Europeo in Italia invece “non si riscontra a livello nazionale un coordinamento. E in assenza di una guida a livello nazionale, la questione non potrà mai essere affrontata in modo valido”.


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